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Testimonianze

Malati, familiari, amici, medici raccontano la loro storia personale o la loro esperienza.

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Paolo Tirindelli

L'esperienza di un paziente con torcicollo spasmodico

Il concetto di esperienza si riferisce alla partecipazione personale ad una situazione ripetibile che comporti possibilmente la capacità di risolverne alcuni problemi. Se ad esempio faccio esperienza di una cosa o di una situazione avrò maggiori possibilità di riuscire a risolverne gli eventuali problemi. Nel nostro caso l'esperienza che si ripete è quella del Torcicollo spasmodico, cioè di una modificazione persistente del tono muscolare nei muscoli dell'area cervicale. La persona che fa esperienza del Torcicollo spasmodico tendea porsi alcune domande; potrebbe chiedersi: quali modifiche comporterà per la mia vita? Come posso migliorare il rapporto con questo disturbo? La sensazione di essere in qualche modo lesi o offesi nell'integrità della propria persona è forse il primo vissuto che si presenta: il vissuto di minaccia. Il vissuto di minaccia all'integrità del proprio Sé è presente soprattutto all'inizio durante la fase diagnostica: Successivamente permane ad un livello molto più attutito e potrebbe rappresentare una risposta primitiva alla consapevolezza di una diminuita capacità di reazione motoria in situazioni di pericolo per se stessi.

La diagnosi accertata del disturbo apre ad una lunga fase di assestamenti e di riaggiustamenti esistenziali che potremmo definire fase dell'adattamento. In una parte dei casi il disturbo non si risolve: può avere un   andamento variabile e tende a persistere. Il paziente sentendosi un po' più rassicurato rispetto alla fase iniziale deve ora imparare a tollerare un altro vissuto: l'ambiguità. L'ambiguità è tra sano e malato (un disturbo che non è pericoloso per la vita ma ne ostacola il normale svolgimento), tra presente e passato (la differenza tra il percepirsi nell'attualità rispetto a come si era prima), tra malattia e sue cause (manca un'eziologia definita), tra terapia e soluzione del problema (in alcuni casi le   terapie alleviano il disturbo senza però risolverlo).

Presto il paziente si accorge che fa fatica. E' una fatica fisica determinata dallo sforzo prolungato. Certi movimenti prima svolti agevolmente ora costano fatica: camminare, guidare la macchina, sostenere posture o movimenti protratti. Condizioni fisiche stressanti, esposizione in situazioni di interazione sociale, stimoli emotivi o un aumento dell'attenzione spesso aggravano l'intensità della contrazione e costringono a limitare lo spettro delle proprie attività.

Si scopre con un certo imbarazzo che il disturbo è visibile; gli altri possono accorgersi di noi. Può comparire l'effetto della vergogna ma anche l'invidia per gli altri e per noi stessi, per come eravamo quando ci sentivamo normali. Scopriamo che la nostra immagine è correlata a ciò che noi supponiamo essere l'impressione e il giudizio che gli altri hanno su di noi. Forse diventa necessario piacersi di nuovo, accettarsi nella nuova veste per pensare di poter piacere agli altri. Occorre tenere presente che viviamo in una società che ha enfatizzato in senso narcisistico i valori dell'efficienza, della prestazione, della competitività, dell'immagine, del successo, a discapito di altri valori come la solidarietà, la reciprocità e il mutuo riconoscimento nei rapporti interpersonali.

Così si può immaginare che un paziente affetto da Distonia possa incontrare maggiori difficoltà nel tentativo di farsi avanti in certi ambiti del sociale.

Il rapporto con le terapie può essere connotato inizialmente da una certa ambivalenza: da un lato si è portati ad avere fiducia nella loro efficacia e a sperare in una risoluzione definitiva del disturbo, dall'altro, ma solo per una parte dei casi, si è costretti a verificare che il sollievo può essere temporaneo e non risolutivo. Ciò impone la capacità di tollerare un certo grado di frustrazione. Il rapporto umano con il terapeuta è molto importante e forse è uno dei principali fattori terapeutici. Il paziente infatti può essere spaventato dalla sua malattia, può temere che essa sia prodotta da una causa organica irrimediabile e che non ci possano essere miglioramenti, può sentirsi stigmatizzato nella propria immagine di malato incurabile. E' nella capacità del terapeuta il compito di rassicurare il paziente e di correggere l'immagine sbagliata che il paziente può avere di sé e del proprio disturbo. Il terapeuta può fargli capire quanto sia variabile l'espressività del Torcicollo e quanto sia soggetto all'influenza di fattori stressanti, psicologici, sociali. Studi recenti hanno evidenziato l'influenza di fattori psicologici sull'andamento del disturbo. Alcuni autori ritengono che si tratti di intervenire psicologicamente su quei circoli viziosi che spesso si producono tra intensità della risposta emozionale ed accentuazione del sintomo del Torcicollo.

Quando il paziente non ce la fa a rapportarsi adeguatamente con il suo problema, sia per le sue caratteristiche psicologiche predisponenti, sia per un ostacolo oggettivo rappresentato dall'intensità del disturbo, possono comparire vissuti d'ansia e/o depressivi più accentuati. In tali casi si rende opportuno fornire un adeguato supporto psicologico, ad esempio la possibilità di effettuare alcuni colloqui psicoterapici ed eventualmente di usufruire di una terapia class=SpellE>psicofarmacologica.

Io credo che una certa quota di ansia, una lieve flessione del tono dell'umore con qualche incertezza sul proprio livello di autostima, un senso di inadeguatezza o di impaccio che può comparire in alcuni momenti, soprattutto quando si è esposti alla presenza degli altri, la comparsa di angosce di perdita, oppure al contrario un atteggiamento moderatamente reattivo, se sono temporanee, rappresentino le caratteristiche di una risposta fisiologica a questo tipo di disturbo. Risposte patologiche possono caratterizzarsi per l'accentuazione di uno stato d'ansia e/o depressivo, per il verificarsi di uno scompenso psichico in un tipo di personalità già alterata in fase pre-morbosa, ma anche per l'adozione di strategie difensive poco adeguate quale è ad esempio la negazione, vale a dire far finta che il problema non esista.

Un atteggiamento più introspettivo del paziente potrebbe favorire una percezione più sensibile dei movimenti emozionali interiori, la percezione del fluire subliminale di affetti e immagini rappresentative e delle loro espressioni somatiche correlate. Credo che ciò contribuirebbe a comporre in una unità la percezione psichica del disturbo e la sua espressione corporea al punto che diventa difficile distinguerle. Forse un livello di integrazione adeguato dei vari approcci terapeutici del Torcicollo spasmodico potrebbe garantire il mantenimento di questa unitarietà tra mente e corpo.

Migliorare il rapporto del paziente con il Torcicollo significa migliorare la sua esperienza del disturbo ovvero, come si diceva all'inizio, offrirgli la possibilità di risolverne alcuni problemi.


Milano, 28 giugno 2003
Pagina aggiornata il 28 Giugno 2003

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