Volevo fare l’insegnante
E’ stato difficile iniziare a scrivere di me e della mia distonia laringea, ma non perché non ci fosse niente da dire, anzi forse perché c’è molto, troppo, ed è difficile trovare un punto di partenza, un filo conduttore, un aspetto che fosse prioritario ad altri da evidenziare.
La disfonia è comparsa durante il primo lockdown, nella primavera 2020, ma la diagnosi di distonia laringea è arrivata dopo circa un anno e mezzo e numerosi specialisti consultati, anche di diverse discipline. Un percorso credo comune a molti, così come l’iter terapeutico, tra logopedia e qualche integratore o farmaco. Ovviamente tutto senza risultati. Poi si prospetta la possibilità di risoluzione con il botulino; ma, per me, il risultato non è ancora soddisfacente. Ho ripreso da qualche mese la logopedia con una professionista molto esperta, nella speranza di trovare una via che renda la mia fonazione almeno più confortevole.
Ho immaginato la mia distonia laringea come una frana su una strada di montagna, un dissesto nelle vie di comunicazione tra il mio cervello e la mia laringe. Sento la mia voce bloccata, eppure è la’ nella mia testa, ma come un’auto su una strada dissestata non può correre così la mia voce trova ostacoli nel suo percorso. E come dopo una frana si devono ripristinare le strade, così ho immaginato di tracciare una via per accompagnare la voce dal punto in cui si forma il pensiero fin sulle mie labbra. Il botulino ha agito come un trattore, ha spianato in parte la strada, ma non per questo l’ha resa sicura. Oggi la mia voce tiene il passo dei pensieri, ma non può correre con loro, inciampa, si affatica, cade e si rialza. È un lavoro quotidiano, faticoso, stancante, che solo chi vive con te può in parte percepire.
Scusate, ma non mi sono neanche presentata. Mi chiamo Simona e sono un’insegnante, anzi no… anche quest’anno farò altro a scuola. Insomma, oltre la voce ho perso anche la mia identità lavorativa, a volte penso di aver perso anche la mia identità sociale. La voce ci identifica, è strumento prioritario nelle relazioni e nell’espressione del pensiero e delle emozioni. Allora tutto si affolla solo nella testa, domande, emozioni, fiumi di parole che faticano a scorrere o lo fanno con lentezza e approssimazione. Non sempre il nostro interlocutore ha tempo, pazienza, interesse per aspettare i nostri sforzi; a volte c’è troppo rumore intorno.
La vita è veloce, caotica e in tutto questo io perdo il ritmo.
Prima della diagnosi di distonia mi sono sentita ripetere tante, troppe volte, che la causa della mia disfonia era l’ansia, lo stress. Ma chi non vive periodi di stress nella propria vita lavorativa, chi non ha provato ansia durante la pandemia, pur senza sperimentare una distonia? Nella mia esperienza personale l’ansia vera è arrivata dopo la comparsa della malattia, ogni volta che non riuscivo a farmi sentire e capire, quando dovevo approcciare una persona che non mi conosceva. Oggi ho in parte superato queste difficoltà, anche se rimane l’ansia rispetto agli eventi imprevisti, alla paura di dover urlare e non poterlo fare (come nei peggiori incubi notturni).