Matthieu Creson
Paziente con distonia cervicale, vive a Parigi ed è stato membro del direttivo di Amadys, l’Associazione francese per la distonia
24 ottobre 2019
Distonia cervicale: dal recupero dell’uso autonomo dei muscoli cervicali al “dimenticare” la malattia
Sono passati due anni dalla mia prima visita con il il Dr. David Grabli ,il neurologo che mi segue da allora all’Ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi; il Dr.Grabli mi ha detto di smettere con due cose: il ricorso quasi sistematico al gesto antagonista e l’uso permanente della sciarpa intorno al collo. Per quanto potessero sembrare semplici in apparenza, queste due raccomandazioni si sono rivelate determinanti nella mia capacità a controllare i sintomi e a renderli quasi impercettibili dopo circa un anno dall’esordio della malattia.
Questi consigli sono in linea con un’importante indicazione nella rieducazione della distonia cervicale: quella di non usare collare cervicale[1]. In effetti, quando un paziente affetto da distonia cervicale porta costantemente una sciarpa intorno al collo – e a maggior ragione quando porta un collare cervicale –ha l’impressione che questo accorgimento gli fornisce momentaneamente un certo benessere, mentre in realtà non si tratta che di un palliativo, che per definizione non risolve affatto il problema al quale il paziente tenta invece di trovare delle soluzioni. Ancora peggio: l’indossare continuamente una sciarpa fa prendere al paziente delle brutte abitudini, e penserà che non potrà fare a meno di questo accorgimento o accessorio per affrontare le situazioni della vita quotidiana. Da semplice aiuto provvisorio in grado di contribuire ad accrescere, in certe circostanze, la comodità ed il benessere del paziente, l’indossare la sciarpa diventerà tendenzialmente una soluzione facile per il paziente: invece di provare a migliorare nel riapprendimento autonomo dei movimenti corretti (ciò che implica, almeno alla fine, un minor uso di certi trucchi o aiuti esterni, come la sciarpa, il gesto antagonista, etc. e persino idealmente una scomparsa degli stessi), il paziente li considererà come un qualcosa che ormai fa parte integrante della sua vita quotidiana.
Il mio consiglio ai pazienti sarebbe quindi, nella misura del possibile, e in modo progressivo, di riuscire a stare senza dipendere di questi trucchi d’abbigliamento o accorgimenti ; essi possono momentaneamente tirare fuori dall’imbarazzo il paziente in occasione di una situazione e da questo punto di vista non è quindi il caso di vietare sistematicamente l’uso in sé.
Durante una visita, il Dr. Jean-Pierre Bleton mi fece la seguente osservazione, quando ho detto parlando di me “i muscoli iperattivi”. Bisogna dire, mi disse, “i miei muscoli”, e non “i muscoli”. In altre parole, è bene riprendere il buon uso dei muscoli cervicali, che non sono esterni a sé, bensì al contrario, ci appartengono pienamente. Sebbene dei movimenti involontari si verificano occasionalmente, sono i muscoli del paziente che sono coinvolti, e non dei muscoli impersonali la cui attivazione o rilascio sfuggirebbe ad ogni controllo del paziente.
Arriviamo così a un aspetto essenziale che, ai miei occhi, condiziona il fatto d’imparare a convivere bene con la malattia: anche se la distonia è comparsa nella vostra vita a un certo punto, anche se nei primi tempi ha completamente sconvolto la vostra vita, si può riuscire, grazie al trattamento, grazie alla rieducazione ed anche in gran parte grazie all’adozione di un pensiero realista ma ottimista e positivo al tempo stesso, a vivere senza che la distonia sia particolarmente fastidiosa o disabilitante nella vita di tutti i giorni – al punto per esempio che non vi permetta più di lavorare in condizioni accettabili o di condurre una vita sociale normale. Come mi ha detto un’altra volta durante una visita il Dr. Grabli, il paziente che convive bene con la malattia saprà dentro di sé che la malattia è lì senza che tuttavia questa realtà gli sia costantemente ricordata: dimenticare la malattia, scacciarla il più possibile – senza rinnegarla per questo – del proprio quotidiano, è già in qualche modo incamminarsi verso una certa forma di “guarigione”.
Date le premesse, ecco dunque alcuni consigli per facilitare l’adozione di un pensiero che spero vi permetta di diminuire la ripercussione della malattia nella vostra vita quotidiana; si tratta, in altre parole, di cose che bisognerebbe dirsi ed integrare nella vita di tutti i giorni:
· Innanzitutto, non c’è assolutamente niente di vergognoso ad avere una distonia. La distonia non è un qualcosa che bisogna tentare di nascondere agli altri. Se si sente che se ne deve parlare (per esempio al lavoro), allora bisogna farlo. Non bisogna tenersi questo per sé. D’altronde la distonia è il disturbo del movimento più frequente dopo il Parkinson e il tremore essenziale, come numero di casi. Parlare della distonia è quindi contribuire ad informare meglio il pubblico sull’esistenza di questa patologia ancora molto spesso sconosciuta agli stessi medici.
· Sono soggetto a uno o più movimenti anormali, ma i muscoli in gioco restano i miei muscoli, che non sono di certo esterni alla mia persona, e posso entro certo limiti (e può darsi più di quanto lo immagini), comandarli e mantenere il controllo su di essi.
·
Tante persone devono convivere con una
disabilità o una patologia, che può essere dalla nascita o che può essere stata
acquisita nel corso della vita. Alcune persone perdono nel corso della loro
vita l’uso di uno dei loro sensi – la vista, l’udito, etc. La distonia non è
altro né più né meno che questo: ad un certo punto della propria vita
si perde il buon uso di un determinato
numero di muscoli che fanno parte di un dato schema muscolare.
· Detto ciò, si può provare a reintegrare l’uso di alcuni muscoli – i cosiddetti muscoli antagonisti, che dovrebbero opporsi alla distonia – in questo stesso schema muscolare. E’ lì tutto l’oggetto della rieducazione.
· Bisogna evitare di rimanere in una posizione troppo statica. Come ricorda spesso il Dr. Jean-Pierre Bleton, il movimento è il trattamento di scelta dei disturbi del movimento come la distonia cervicale.
· Non c’entra niente che siccome quel giorno ho la testa inclinata involontariamente quando sono seduto, in piedi, in pubblico, etc. sarà sempre così. Posso grazie al trattamento e alla rieducazione arrivare a controllare i miei sintomi, senza peraltro lottare o opporre costantemente resistenza.
· Le mie cure sono seguite da una équipe che conosce bene il suo mestiere, e in cui posso avere fiducia: essendo seguito periodicamente dal proprio neurologo-infiltratore specializzato nei disturbi del movimento e che conosce bene in particolar modo la distonia, andando regolarmente dal proprio fisioterapista formato alla rieducazione della distonia cervicale, e facendo in modo corretto e continuo gli esercizi di autorieducazione a casa, si hanno tutti i motivi per credere che si può riuscire a lungo termine a limitare i sintomi e a convivere bene con la malattia.
· La distonia non è in sé gravissima, anche se essa richiede una vera e propria capacità di adattamento personale a una situazione inedita più o meno invalidante, anche se essa può essere all’inizio fonte di molti scoraggiamenti, non intacca le previsioni di vita, non si tratta di una malattia degenerativa, ma di una patologia localizzata su un segmento particolare. Non vi impedisce di portare a buon fine diversi tipi di attività[2] – leggere, lavorare, andare al cinema, rincontrare degli amici, etc. Anche nel caso di un fermo provvisorio dell’attività professionale, alla fine vi sarà possibile ritornare a lavorare (ugualmente a costo di eventualmente cambiare mestiere), man mano che la rieducazione comincerà a portare i suoi frutti.
· Non devo avere paura di vedere arrivare il movimento anormale quando mi vedo nello specchio o quando sono in pubblico. Quando mi guardo nello specchio, sono rilassato e posso restare così a lungo, tanto tempo quanto ne voglio. Non ho l’impressione di lottare. Posso tenere la testa nell’asse mediano senza dover effettuare uno sforzo particolare. Tenere la testa nell’asse mediano è qualcosa di nuovamente naturale per me. Prima della comparsa della distonia non mi ponevo mai queste domande quando mi guardavo nello specchio; perché dovrebbe essere diversamente oggi?
· Gli esercizi di autorieducazione – che si possono fare specialmente davanti lo specchio – non sono una faticaccia. Ci permettono di prendere gusto alla pratica del movimento volontario corrispondente alla regione colpita dalla distonia. Posso anche fare gli esercizi con la musica. Gli esercizi non sono un obbligo imposto dall’esterno: grazie ad essi, il paziente può in discreta misura recuperare al contempo autonomia, stabilità e mobilità del portamento della testa.
· Devo cercare di fare questi movimenti il più naturalmente possibile. Non sono impegnato in una competizione sportiva. Come ricorda spesso il Dr. Jean-Pierre Bleton, bisogna togliersi quest’idea dalla mente che si debba a tutti i costi realizzare una performance.
· Una volta riguadagnato un determinato controllo sul lato debole o antidistonico (per esempio sul lato sinistro se il torcicollo è un torcicollo destro), posso provare a ritrovare il controllo dal lato troppo forte o distonico. Non devo avere paura di girare dal lato distonico. Girando dal lato opposto alla distonia, devo provare, senza forzare, di mantenere il più naturalmente possibile la padronanza del movimento. Non bisogna lasciare partire la testa dal lato distonico più di quanto vogliamo: allenarsi a girare con calma dal lato distonico e poi a ritornare tranquillamente al centro.
· Devo rieducarmi, si, ma non fare della distonia un’idea fissa, un’ossessione. Meno penserò al movimento anormale, meglio ci riuscirò. Pensare al movimento anormale ha in effetti spesso come conseguenza l’accentuarsi dei sintomi. Bisogna quindi non pensare al movimento anormale per non farne un effetto collaterale.
Traduzione di Raquel Vacas
[1] Vedere Jean-Pierre Bleton, Le Torticolis spasmodique, Paris, Frison-Roche, 2014.
[2] Vedere in merito a ciò quello che dice il Prof. Marjan Jahanshahi su https://www.youtube.com/watch?v=wxsB-Veefe8.
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