Buongiorno a tutti, mi chiamo Eleonora e sono un Caregiver.
Da 21 anni assisto mio marito Fernando che, in maniera graduale e sempre più
ingravescente, è stato colpito in forma rara, da una malattia autoimmune, che
ha sfociato in una importante tetraparesi spastica particolarmente aggressiva. Il suo quadro, ancora non del tutto chiarito, è stato definito recentemente da un neurologo genetista del Bambin Gesù un probabile paziente zero, al mondo.
Prima che iniziasse tutto, abbiamo avuto due figli, che avevano allora
rispettivamente 9 e 3 anni. Hanno vissuto comunque la malattia del padre in modo educativo, facendo sì che tutti noi proseguissimo una vita pseudonormale.
Nel percorso di mio marito poi, si è affacciata prepotentemente una seconda patologia neurologica violenta che interessa tutti i distretti muscolari: la Distonia Multifocale; Soffre di Distonia Multifocale non continuativa, ma a crisi
con torsioni dolorose, improvvise e molto violente senza segnali premonitori ben distinti, ma con il tempo abbiamo comunque imparato tutti e tre a riconoscerli e a gestire.
Le problematiche non si sono limitate alle due patologie principali, ma sono
state affiancate da tante altre patologie, tra cui anche una variante genetica, per cui è stato necessario il coinvolgimento di un complesso numero di specialisti: neurologo, gastroenterologo, ematologo, endocrinologo, neurourologo,cardiologo, diabetologo, epatologo, pneumologo, fisiatra.
Ciò comporta la necessità di svolgere tantissimi esami e visite di monitoraggio,
rendendo così difficile conciliare il lavoro. con gli impegni medici.
Inoltre, questo tipo di distonia richiede un accompagnamento costante per qualsiasi spostamento, in quanto in caso di crisi, non si è in grado di assumere i farmaci da soli. L’attacco arriva repentino e la bocca si serra subito e quindi ha
bisogno di una persona che somministri il farmaco non con poche difficoltà.
Al momento della prima diagnosi, lavoravamo tutti e due a tempo pieno. In seguito, mi sono dovuta spesso sentir negare alcune documentate esigenze,
come l’avvicinamento a casa o il turno fisso e ridotto, per poter gestire al meglio la giornata. Sono anche arrivata al telelavoro da casa, costringendo mio marito a lavorare meno ore in presenza, facendo corse dopo il mio lavoro, per accompagnarlo al suo che dista da casa circa 45 km. Il progredire della malattia mi ha costretto a ridurre l’orario di lavoro fino ad arrivare, due anni fa, al licenziamento.
In questo modo sto dando la possibilità a mio marito di poter continuare a svolgere il suo lavoro, che fa con passione e lo aiuta ad affrontare la vita
nonostante tutte le difficoltà che arrivano. Anche lui, proprio per adattare le sue necessità fisiche ai tempi di lavoro, è stato costretto a scegliere di lavorare tre giorni a settimana in sede, e due giorni da casa.
Ho fatto una semplificazione di 21 anni ma tutto quello che vi ho detto ci ha messo spesso a dura prova, con mille difficoltà materiali, logistiche e
burocratiche.
Essere un Caregiver per una persona con una malattia rara, richiede un equilibrio di empatia, organizzazione e resilienza.
In conclusione, promuovere una società inclusiva e accettante richiede un cambiamento di prospettiva: vedere la diversità come una risorsa e non come
una deviazione dalla norma. Solo così possiamo creare un mondo in cui tutti, indipendentemente dalle loro abilità o limiti, possano vivere una vita piena e
soddisfacente.
Cercate di aggirare i loro limiti e vivete la vostra vita a loro misura, perché privandovi della vostra normalità potete apprezzare le tante sfumature della vita che diamo per scontate.
Speriamo che la nostra esperienza possa essere d’aiuto ad altre persone che
cercano di districarsi in vite complesse ed uniche accumunate da patologie
rare.
Grazie a tutti